E se non tutte le streghe fossero malvagie? E se Hansel & Gretel nascondessero qualcosa? L’apparenza inganna troppo spesso ma non ci riesce con Alessandro Coppo e il suo “Hansel & Gretel. Caso irrisolto”, Panda Edizioni.

ATTENZIONE! 

È vietata la lettura di questo post ai più deboli di cuore, alle Fate Madrine e a chi crede ancora nelle fiabe!

Avete mai pensato che le storie che ci raccontavano da bambini potrebbero avere anche un finale diverso da quello che tutti conosciamo? In realtà potrebbero nascondere crudeltà e misteri ben più grandi di quelli narrati. Ecco cosa insinua Alessandro Coppo nel suo romanzo Hansel & Gretel: Caso irrisolto, un noir costruito sotto forma di inchiesta giornalistica che, leggere per credere, vi lascerà a metà tra il divertito e lo sconcertato.

Quando vengono ritrovate le cenerei della Strega di Marzapane, tutti credono alla storia raccontata dai due fratelli Und, Hansel, 14 anni, e Gretel 12 anni. Dicono di essere scappati dopo giorni di prigionia, dalla casa della vecchia megera, che li stava portando, il primo a morire per il troppo cibo e la seconda a morire di fame. Anche se tutti gli indizi portano a questa triste verità, c’è qualcuno che non ci crede e incomincia ad indagare e a scavare, sino a raggiungere un tremendo sospetto. Dalla penna del giornalista C.B.Knock, si scopriranno i retroscena di una storia che nessuno ha mai avuto il coraggio di raccontare. Perché se è normale che una Strega sia aguzzina e carnefice, non è rassicurante immaginare che la vera mente criminale si celi dietro le fattezze innocenti di un bambino. 

Devo stare attenta perché questo post potrebbe rivelarsi ad alto grado di spoiler. Ma visto che non voglio rovinarvi il piacere di una lettura come questa di Alessandro Coppo, mi muoverò cautamente cercando di spiegarvi perché leggere questo romanzo.

Primo. Quando si gioca con il conosciuto i risultati possono essere di due tipi: deludenti al massimo grado o esilaranti all’ennesima potenza. Il caso di Hansel & Gretel. Caso irrisolto appartiene alla seconda schiera di racconti. Nel giro di poche pagine, ci ritroviamo immersi in un mondo assurdo, che ha la freddezza della nostra peggiore realtà e la dolcezza incantata del mondo delle fiabe, dove è possibile ridare vita a chi è deceduto, sottrarre poteri magici con la magia e vivere in un bosco senza acqua né elettricità ed essere comunque felici. Coppo rincorre tutte le fiabe più note della nostra tradizione infantile, da Pinocchio a Peter Pan, da Cappuccetto Rosso ad Alice nel Paese delle Meraviglie, senza disdegnare neppure la tradizione Disney. Ad ogni personaggio è dato un ruolo, spesso analogo a quello da loro ricoperto nelle rispettive fiabe. E fin qui tutto bene se non fosse che, la realtà parallela in cui le fionda l’autore ci fa mostrare di loro solo i lati più beceri, più triviali, più superficiali: in poche parole, più umani.

Fiabe di merda. Da queste parti la gente è ancora legata ai ruoli, figliolo. Ti piace ammazzare bestie? Allora devi vivere in una baracca nel profondo del più stronzo bosco fottuto e vivere di cervi morti. Il sig.Und non poteva darsi alla caccia sportiva e trovarsi un lavoro normale? Uno che gli assicurasse un cazzo di stipendio a fine mese?

Secondo. Coppo scrive veloce. Ecco come potrei definire questo stile “da cronaca noir” che Coppo si inventa per il suo romanzo. Uno stile secco, che non bada a orpelli linguistici e che, in alcuni dialoghi, ricorda l’immediatezza di una sceneggiatura televisiva, di cui denuncia, implicitamente, una qualche paternità. L’autore, per questo, “scrive contemporaneo” ed immaginatevi esattamente quello che il romanzo dice di essere: una ricostruzione giornalistica di un fatto di cronaca. Non ci vengono risparmiate, per questo, coloriture gergali, immediatezza linguistica, esitazioni e puntini di sospensione enfatici, che sottolineano i momenti emotivamente più difficili. Alle volte la sua trasposizione del reale ci ricorda un certo stile sensazionalistico alla Vespa, che non tace nulla, neppure il dolore più profondo: ma è solo un’ombra passeggera che non guasta il piacere di questa narrazione.

Terzo.  Anche i personaggi delle fiabe soffrono e vivono come noi e, come noi, fanno una marea di cazzate. Anche fidarsi delle persone sbagliate, mettendo loro in mano la propria vita. Sembra la morale amara di una favola troppo cinica per essere raccontata ai nostri bambini, ma, magia e streghe a parte, sembra proprio la storia della nostra vita. O, almeno, di una parte della nostra vita, quella in cui, chi prima, chi dopo, ti ritrovi a fare i conti con una realtà che era molto lontana dall’idea che ti eri fatto. Cappuccetto Rosso è una adolescente troppo indipendente. Trilli una psicoterapeuta con problemi di autostima più interessata al proprio tailleur che ai propri pazienti. Peter Pan uno scavezzacollo in calzamaglia. Carota McBunny un malato di fitness, troppo “cazzone” per impegnarsi in una relazione seria.Hansel un ragazzone tutto muscoli e forza di volontà e Gretel…bhé, questo lo scoprite da soli! Se non vi spaventa guardare la sporcizia che, col tempo, avete nascosto sotto il tappeto, allora avete il via libera perché in questa storia troverete ben più che uno scheletro nell’armadio dei nostri eroi!

In poco tempo ho imparato due cose a mie spese: che l’amore non è sufficiente, e che “credere” non significa “conoscere”…

Quarto. Tra scheletri e ceneri, una cosa è certa: con il suo romanzo Coppo ci ricorda una lezione che troppo spesso ignoriamo, ovvero che l’oscurità più buia si cela proprio dietro alla luce più abbagliante. In poche parole, l’apparenza inganna e sa ingannare anche molto bene. Quello che è sembrato a tutti un caso risolto, scontato e telefonato sin dal primo “c’era una volta”, diventa nelle mani di Coppo una caccia al dubbio, all’ombra di colpevolezza che si è insinuata dietro al più piccolo indizio, alla frase non detta, al sospiro trattenuto. Un dubbio che ci ricorda le tante Franzoni e i Sollecito di cui sentiamo parlare ogni giorno alla radio e in tv. Un dubbio che dovrebbe sempre spronare ad andare avanti, ad indagare, a non fermarsi all’apparenza delle cose. Un dubbio che dovrebbe farci chiedere quando davvero conosciamo delle persone che siedono accanto a noi?

You’re lovin’ on the psychopath sitting next to you
You’re lovin’ on the murderer sitting next to you
You’ll think, “How’d I get here, sitting next to you?”

Heathens – Twenty One Pilots


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