L’immaginario è il motore del mondo. Ma cosa succede se diventa solo spettacolo? Tra Roald Dahl e Steven Spielberg, leggiamo Il GGG.

Io adoro Steven Spielberg. Adoro la capacità immaginifica e visionaria di un regista che vede mondi incredibili. Le sue pellicole hanno tutte una cosa in comune: ricreano la realtà a loro piacimento, mostrandone il meraviglioso.

“Ma”. In questa storia c’è un “ma”, perché tutto questo è perfetto, cinematograficamente parlando, quando ti rivolgi ad un pubblico adulto, consapevole di ciò che sta vedendo e con un proprio immaginario di riferimento, più o meno, già formato. Ma se il pubblico di cui stiamo parlando fosse un pubblico di “piccolini”? E se la pellicola del caso fosse tratta da uno degli autori più immaginifici del nostro tempo?

Facciamo un passo indietro. Poco tempo fa è uscito nelle sale la versione cinematografica di uno dei libri di Roald Dahl che più ho amato: Il GGG.  In effetti è anche uno dei più spaventosi, tra giganti scricchiaossa e cetrionzoli dal sapore indescrivibile. E uno dei motivi per cui Il GGG mi è sempre piaciuto, è proprio per questa inventiva, tipica di Dahl, che qui prende il sopravvento.

Nel libro,Roald Dahl immagina un mondo di giganti spaventosi, che di notte si dilettano a mangiare bambini e a spaventare innocenti con sogni mostruosi. È un mondo di carnivori in cui, però, vive un solo gigante buono, e vegetariano, che si nutre di cetrionzoli e ha una missione: salvare i bimbi e i loro sogni. E non so se vi è mai capitato di leggere uno solo dei racconti di questo prolifico autore, ma una caratteristica peculiare dei suoi scritti è proprio la carica evocativa di ciò che narra. Dalle immagini, alle situazioni, tutto è strutturato e pensato per stimolare la creatività e la fantasia dei suoi piccoli lettori. Anche il linguaggio, che subisce questa fascinazione in modo più che evidente. Le parole vengono unite, contratte e trasformate per assumere nuovi significati che vanno oltre il loro stretto senso verbale. Evocano situazioni e modi di fare che spesso servono ad esorcizzare la paura che quelle stesse situazioni generano nei nostri animi. Ma non solo. Il gioco di parola serve proprio a stimolare la creatività e la fantasia, insegnandoci la possibilità di assumere un nuovo punto di vista,  di unire cose apparentemente diverse. Un esercizio mentale che ci permette di allenare il nostro pensiero laterale, deduttivo e, appunto, creativo. Per citare un esempio autorevole, è lo stesso esercizio che faceva Leonardo da Vinci quando osservava le macchie di muffa sui muri e ne immaginava figure di senso, o quando disegnava le sue macchine possibili.

Ora, cosa succede se questo immaginario, invece che evocato, viene descritto e fissato in immagini prestabilite? Cosa succede se, invece di immaginarle, vediamo oggettivate queste immagini così forti che Roald Dahl aveva creato con le parole?

Se, come me, non riuscite a trovare una risposta, allora vi consiglio di andare a vedere il film di Spielberg. la risposta è celata proprio in questa pellicola.  Vi renderete conto che la paura non farà più davvero paura, che la felictà non sarà più solo felicità e che, soprattutto, ciò che ci resterà impresso saranno le facce, le frasi, gli atteggiamenti e quell’atmosfera magica che il genio di Spielberg ha saputo ricreare. Una pellicola così bella e così fedele all’originale che non ci è piaciuta. Perché per essere fedeli al racconto, Spielberg non è stato fedele alla vera e unica lezione che Dahl ci da con i suoi racconti, ovvero quella di lasciare libero il pensiero, di immaginare anche l’impossibile. Il suo cinema, quell’impossibile, l’ha reso possibile. Ogni personaggio, ogni situazione è ricostruita così dettagliatamente che per l’immaginazione non c’è più spazio. Almeno non per la nostra, di immaginazione!

Così, se avete voglia di vedere un film in famiglia, non andate a vedere Il GGG. Quello leggetelo. O, almeno, leggetelo prima di andare a vedere il film. Preferite la vostra fantasia a quella di Spielberg, allenatela insieme a quella dei vostri figli perché quando saranno grandi, di spazio per esercitarla ne avranno sempre meno.

L’immagine rende liberi, ma crea delle catene invisibili che ingabbiano la nostra immaginazione, suggerendo soluzioni e strade che non sono state tracciate dal nostro spirito.

Esercitate l’immaginazione. Esercitate la libertà.


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