La diversità, la resilienza, la molteplicità. Cosa significa pensare e progettare il verde nei contesti urbani oggi? Rispondono le 12 tesi del Manifesto del Terzo Paesaggio di Gilles Clément.

Eraclito affermava – grosso modo – che la natura non è un luogo da sottomettere, ma un limite immutabile ed invariabile a cui l’uomo deve adattarsi. Ora, non so quanti di voi, oggi e in passato, possano sposare questa teoria. Quello che invece dobbiamo ricoradre è che la nostra società, così attenta ad organizzare – fare – sistemare – pulire – uniformare, ha dato un taglio netto a ciò che è caotico – non fatto – non riformato – disordinato – diverso. E se applichiamo questa visione al vivere la Natura e i suoi spazi, ci rendiamo conto di essere rimasti, oramai, circondati solo da insiemi ordinati di specie botaniche, di aiuole di fiori geometriche e di alberelli potati ad arte, di macchie verdi uniformi. Il verde che viviamo tutti i giorni è un verde “umanizzato” o, come direbbe Clément, “antropizzato”. Ma non è il verde della Natura.

Il Manifesto del Terzo Paesaggio, scritto e pensato dal paesaggista Gilles Clément, rivendica una caratteristica che la Natura e il paesaggio ha sempre manifestato, ovvero il “non essere un sistema ordinato”.

Vedo la città come il solo elemento del paesaggio che non va nello stesso senso del paesaggio“, afferma egli stesso cercando di spiegare cosa significhi per lui pensare all’ambiente, ed al paesaggio, nella nostra contemporaneità. Perché per Clément il vero paesaggio non si gioca negli insiemi ordinati, nelle aiuole, nei boschi disegnati a tavolino, ma nei margini, nei residui di questa stessa dimensione, lì dove il paesaggio è lasciato libero di fluire e di muoversi come preferisce, tra piante pioniere, gramigne, insetti impollinatori. Questo paesaggio, che Clément immagina essere uno spazio dove la biodiversità naturale venga preservata e salvaguardata proprio nella sua libertà d’espressione, è soprattutto un luogo in cui la diversità non è mai finita perché “la diversità si esprime attraverso il numero delle specie sul pianeta e la varietà dei comportamenti“.

In poche parole, più la natura è lasciata libera di generare liberamente e di vivere liberamente lo spazio, senza la mano ordinatrice dell’uomo, maggiore sarà la varietà delle specie, il dinamismo della vita, la bellezza casuale. Ed è in questo scenario che nasce l’idea di un Terzo Paesaggio, ovvero una metafora ambientale di una possibile dimensione sociale, dove lo spazio (e l’uomo) si possa esprimere liberamente, lontano dalla esigenza di esprimere il potere o la sottomissione allo stesso. In questo spazio della resistenza, fatto di insiemi primari, la varietà è lasciata libera e permette a molte specie rifiutate di trovare ospitalità. Qui l’evoluzione avviene in modo naturale, la vita corrisponde ad una climax ottimale, sia a livello di spazi, sia a livello di qualità perchè “gli insiemi primari accolgono ancora oggi la più grande diversità planetaria”.

Ed ecco che il passo al parallelo sociale, legato alla nostra contemporaneità, diventa un passo breve breve e il Terzo Paesaggio si trasforma in una metafora della possibilità di creare spazi condivisi di una coscienza collettiva. La stessa che genera, e da vita, al Giardino Planetario, un unico terreno vivo e dinamico sul quale uomini, piante ed animali sono portati ad incontrarsi a che si “aggiusta” a seconda della capacità  degli esseri viventi di vivere.

Così, seguiamo le indicazioni di Gilles Clément augurandoci che ogni società possa contemplare la diversità che la stessa natura accetta senza remore e senza compromessi, accettare il movimento di popoli, specie e genti, così come il Terzo Paesaggio accetta e accoglie la biodiversità. Ricordandoci di essere, soprattutto, parte di una sistema vivente e non suo unico protagonista.

 >>>>Scopri la biodiversità nell’intervista di Franco Beccari – Legambiente – agli Orti di Via Padova <<<<


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