“La felicità al potere”: José “Pepe” Mujica e la rivoluzione dell’amore nell’Uruguay. Un progetto nato dai giornalisti Cristina Guarnieri e Massimo Sgroi, costruito in Italia dalla casa Castelvecchi per raccontare la storia e il profondo pensiero di un ex-guerrigliero che dopo una vita di lotta divenne presidente di uno degli Stati, oggi, più stabili al mondo.
“La felicità al potere”: José “Pepe” Mujica y la revolución del amor en el Uruguay. Un proyecto de los periodistas Cristina Guarnieri y Massimo Sgroi, construido en Italia por la casa Castelvecchi para contar la historia y el profundo pensamiento de un exguerrillero que después de una vida de lucha se convirtió en el presidente de uno de los países actualmente más estables del mundo.

Vorrei mettere in questa recensione ogni frase, ogni singola parola che ho trovato su questo libro, ma non posso, purtroppo. “La felicità al potere”è  un sogno cominciato da una giornalista che scrive una e-mail all’allora presidente, sperando di ricevere, con una probabilità molto bassa, una risposta positiva per andare a trovarlo e fargli alcune domande.

Nella storia umana, ogni tanto, entra in scena qualche uomo capace di portare con sé un messaggio di comunione, di pace, di riconciliazione fra le nostre diverse umanità. “Pepe” Mujica è uno di questi uomini. Nato in una famiglia molto umile, la quale imparò l’arte giapponese di coltivare i fiori facendolo diventare il suo modo di sussistenza, fece di questo il suo primo lavoro familiare; dopo altri quattro anni come ciclista, subito dopo cominciai a partecipare nella politica all’età di 21 anni, la quale non ha più mollato sin d’allora.

“Mia madre era originaria di un paesino dell’entroterra ligure, Favale de Malvaro, vicino Rapallo. Mio padre era originario di un paese basco, Muxica, altra terra dai grandi conflitti; contadini che ben conoscevano la durezza del lavoro nei campo. Da loro ho imparato l’importanza della terra, valore che mi sono portato dentro per tutta la vita”.

Querría incluir en esta reseña cada frase, cada palabra que aparece en este libro, pero infortunadamente no es posible. “La felicità al potere”, un sueño empezado por una periodista que escribe un correo electrónico al entonces presidente, esperando recibir, con una muy baja probabilidad, una respuesta positiva para ir a visitarlo y hacerle algunas preguntas.

En la historia humana, cada cierto tiempo aparece en escena un hombre capaz de llevar consigo un mensaje de comunión, de paz, de reconciliación entre nuestras diferentes humanidades. “Pepe” Mujica es uno de estos hombres. Nacido en una familia muy humilde, la cual aprendió el arte japonés de cultivar las flores convirtiéndolo en su modo de subsistencia, hizo de éste su primer trabajo familiar; después de otros cuatro años como ciclista, inmediatamente después empezó su participación en política a la edad de 21 años, la cual no ha dejado desde entonces.

“Mi madre era originaria de un pueblo del interior de la Liguria, Favale di Malvaro, cerca a Rapallo. Mi padre era originario de un país vasco, Muxica, otra tierra de grandes conflictos; campesinos que conocían bien la dureza del trabajo en el campo. De ellos aprendí la importancia de la tierra, valor que he llevado conmigo toda la vida”.

 

Quelli che come me prima di leggere questo libro ne avevano sentito parlare, o forse ne avevano solo letto, si saranno chiesti, sicuramente, da dove venisse tanta sapienza, tante parole che sembrano uscite dalla testa di un Dalai Lama incarnato in presidente della ancora oggi chiamata “Svizzera” del Sud America.

E giustamente, non potendo lui andare all’Himalaya, fu lei ad andare da Pepe attraverso un buco sottoterra, in cui visse nelle peggiori condizioni per circa 10 anni dei quasi 15 anni di imprigionamento subiti sotto la dittatura uruguaiana degli anni 70 e 80. Furono questi anni, questo tempo messo nella solitudine, a lasciargli tanta speranza e tanta saggezza; a insegnargli a dare valore a ogni singola cosa, a capire che per essere felice c’è bisogno di veramente poco.


“Io non sono da prendere a esempio di nulla, io ho scoperto la chiave di tutto questo nella profondità del calabozo [cella sotterranea], quando non potevo neppure leggere un libro, e se non avessi attraversato quegli anni non sarei ciò che sono. Per questo, la notte in cui per la prima volta ebbi un materasso, mi sono sentito felice”.

La felicità al potere” ci racconta prima, attraverso Massimo Sgroi, la vita di Mujica dalla nascita alla presidenza nel 2010, dalla mano dell’amore della sua vita, sua moglie Lucia, al momento in cui si è ritrovato ad essere il senatore più votato della Repubblica.

Ci presenta anche, e come parte centrale, l’intervista tenutasi tra Cristina Guarnieri e il Presidente a Montevideo, nella sua casa di governo. Un’intervista in cui si parla del suo pensiero, del rapporto fra l’Uruguay e l’Europa, specie con l’Italia la cui lotta rivoluzionaria ne ha ispirate tante altre, incluse quelle del Sud America. Mujica ci racconta come, al tempo un ragazzo, ebbe l’opportunità di conoscere il Che Guevara e Fidel Castro e di viaggiare in paesi nei quali, in quel momento, si tenevano le più grandi idee rivoluzionarie: Cuba, Cina, la già sparita URSS. Tutto ciò per cominciare, in seguito, nello stesso Uruguay una lotta per i diritti popolari, fino al punto di dare vita ad una guerriglia (come tante altre create in tutta Sud America per cambiare le condizioni di malgoverno che c’erano ovunque). La guerriglia dei Tupamaros-MLN, la cui lotta fini persino spaventando personaggi come i potenti Rockefeller, la CIA statunitense, e certamente il proprio governo nazionale uruguaiano, e poi sparendo sotto il regime dittatoriale del paese.

“Abbiamo sacrificato gli antichi dèi immateriali, ma occupiamo i loro templi con il dio mercato che governa l’economia, la politica, le abitudini, la vita, e arriva persino a finanziare con rate e carte di credito la nostra apparente felicità. Come costruire una società migliore se portiamo dentro di noi la tirannia di una società di consumo che ci tiene in schiavitù?”.

“La felicità al potere” raccoglie anche vari discorsi tenutisi da “Pepe” in diverse occasioni: davanti al suo popolo, davanti ad altri governanti mondiali, davanti alle sue forze militari, al popolo cinese, a cena con il Re di Spagna, davanti a docenti e scienziati, e ci fa vedere anche alcuni articoli usciti in giornali e riviste. Tutti questi discorsi raccolti e poi tradotti da Cristina per costruire questa magnifica antologia.

Il messaggio di “Pepe” è chiaro: ci dice di pensare alla nostra felicità, sopra tutte le altre cose, a chiederci ogni giorno cosa ci rende felici. A pensare come un’intera civiltà, come un’intera specie, e non individualmente né nazionalmente. Ci dice di svegliarci dalla società di mercato in cui siamo tutti sommersi, e diventare più umani, con noi stessi e con gli altri intorno a noi. E fa persino una critica molto forte all’alta politica mondiale, il cui obbiettivo si è perso da quel che dovrebbe essere, dal servire ai cittadini; e si è convertita in una lotta per vincere le elezioni a venire, in una lotta di interessi economici conveniente a veramente pochi.

Questa seconda edizione contiene anche un testo scritto da Roberto Saviano che parla di Pepe, e contiene anche l’intervista data da Pepe alla giornalista Milena Gabanelli, quando lui é venuto in Italia per presentare il libro a Roma.

“I governi, anche quelli delle potenze più grandi, hanno uno sguardo corto, nessuno si premura di mirare all’umanità come un tutto. Quando un gruppetto di donne africane cammina cinque chilometri per procurarsi due secchi d’acqua, non è un problema dell’Africa, è un problema dell’umanità intera!”.

“L’ultimo eroe della politica”, come lo definisce Kusturica (e da chi attendiamo ancora l’assai desiderato documentario sulla vita di Mujica, da presentarsi molto probabilmente alla Mostra di Venezia di quest’anno). Pepe è un gentiluomo che ha lottato tutta la vita per il benessere dei suoi congeneri, e che nei suoi cinque anni di governo ha saputo lasciare alcuni semi per ottenere una civiltà che, lui lo sa bene, sicuramente non verrà. Ma sono cose che comunque bisogna spargere, per far crescere uomini, figli e nipoti, migliori di quelli che siamo stati noi, cambiare la cultura, cambiare noi stessi; da lì bisogna cominciare, come il saggio Pepe professa, se vogliamo vivere in un posto migliore, in un pianeta migliore, in una società migliore, come la maggior parte di noi vuole.

“Permettetemi di dirvi che io non sono povero. Poveri sono coloro che necessitano di molte cose”.

Aquéllos que como yo antes de leer este libro lo hemos escuchado, o tal vez sólo leído, seguramente nos preguntamos de dónde viene tanta sabiduría, tantas palabras que parecen salidas de la boca de un Dalai Lama encarnado en presidente de la aún hoy llamada Suiza de Sudamérica.

Y justamente, no pudiendo él ir al Himalaya, fue este último quien terminó visitándolo por medio de un hueco bajo tierra, en el cual vivió en las peores condiciones por aproximadamente 10 años de los casi 15 años de prisión sufridos bajo la dictadura uruguaya de los años 70’s y 80’s. Fueron estos años, este tiempo abandonado a la soledad, quienes le dejaron tanta esperanza y tanta sabiduría, y le enseñaron a dar valor a cada singular cosa, a entender que para ser feliz se necesita realmente poco.

“Yo no soy un buen ejemplo de nada, he descubierto la clave de todo esto en la profundidad del calabozo, cuando no podía ni siquiera leer un libro, y si no hubiera pasado por esos años no sería lo que hoy soy. Por esto, la noche en la que tuve por primera vez un colchón, me sentí muy feliz”.

“La felicitá al potere” nos cuenta primero, a través de Massimo Sgroi, la vida de Mujica desde cuando nace hasta el momento en el que llega a la presidencia en el 2010, de la mano del amor de su vida, su esposa Lucía, en ese momento la senadora más votada de la República.

Nos presenta también, y como parte central, la entrevista entre Cristina Guarnieri y el Presidente en Montevideo, en la casa de gobierno. Una entrevista en la cual nos habla de su pensamiento, de la relación entre Uruguay y Europa, especialmente con Italia, cuya lucha revolucionaria inspiró tantas otras, incluidas las sudamericanas. Mujica nos cuenta como, en su juventud, tuvo la oportunidad de conocer al Che Guevara y a Fidel Castro, y de viajar a los países que en ese momento tenían las más grandes ideas revolucionarias: Cuba, China, la ya desaparecida URSS; todo eso para comenzar enseguida en la misma Uruguay una lucha por los derechos populares, hasta el punto de crear una guerrilla (como tantas otras creadas en Sudamérica para cambiar las condiciones del mal-gobierno que había en todas partes). La guerrilla de los Tupamaros-MLN, cuya lucha terminó estremeciendo a personajes como los poderosos Rockefeller, la CIA estadounidense, y naturalmente al propio gobierno nacional uruguayo, y luego desapareciendo bajo el régimen dictatorial del país.

“Hemos sacrificado los antiguos dioses inmateriales, pero ocupamos sus templos con el dios mercado que gobierna la economía, la política, las costumbres, la vida, y llega hasta a financiar con cuotas y cartas de crédito nuestra aparente felicidad. ¿Cómo construir una sociedad mejor si llevamos dentro de nosotros la tiranía de una sociedad de consumo que nos tiene en esclavitud?”.

“La felicità al potere” recoge también varios discursos hechos por “Pepe” en diferentes partes, frente a su pueblo, frente a otros gobernantes mundiales, frente a sus fuerzas militares, al pueblo chino, en cena con el Rey de España, delante de docentes y científicos, y nos muestra también algunos artículos publicados en periódicos y revistas; todos estos discursos recolectados y luego traducidos al italiano por Cristina para construir esta magnífica antología.

El mensaje de “Pepe” es claro: nos dice que pensemos en nuestra felicidad, por encima de todas las demás cosas, que nos preguntemos cada día qué nos hace felices. Que pensemos como una entera civilización, como una sola especie, y no individualmente ni nacionalmente. Nos dice que nos despertemos de la sociedad de mercado en la cual estamos sumergidos, para volvernos más humanos, con nosotros mismos y con quienes nos rodean. Y hace incluso una crítica muy fuerte a la alta política mundial, cuyo objetivo original de servir a los ciudadanos se ha perdido; y se ha convertido en una lucha por ganar las próximas elecciones, en una lucha de intereses económicos convenientes a realmente pocos.

Esta segunda edición contiene también un texto escrito por Roberto Saviano hablando sobre Pepe, y contiene también una entrevista entre Pepe y la periodista italiana Milena Gabanelli, cuando el presidente vino a Italia a presentar su libro en la ciudad de Roma.

“Los gobiernos, incluso los de las potencias más grandes, tienen una vista muy corta, ninguno se afana por ver a la humanidad como un todo. Cuando un grupo de mujeres africanas camina cinco kilómetros para llenar dos baldes de agua, no es un problema del África, es un problema de la humanidad entera!”.

“El último héroe de la política”, como lo define Kusturica (y de quien esperamos aún el tan deseado documental sobre la vida de Mujica, a presentarse muy probablemente en el Festival de Venecia de este año). Pepe es un caballero que ha luchado toda la vida por el bienestar de sus congéneres, y quien en sus cinco años de gobierno supo dejar algunas semillas para obtener una civilización que, él lo sabe bien, seguramente no verá. Pero son cosas que hay que esparcir, para hacer crecer hombres, hijos y nietos, mejores de lo que nosotros mismos hemos sido, cambiar la cultura, cambiar nosotros mismos; desde allí hay que empezar, como el sabio Pepe profesa, si queremos vivir en un lugar mejor, en un planeta mejor, en una sociedad mejor, como la mayor parte de nosotros quiere.

“Permítanme decirles que yo no soy pobre. Pobres son los que necesitan de muchas cosas”.


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