Firenze. Fine anni 90. Un mistero e nessuna soluzione apparente se non il fato temibile. Questo è Porcini sull’Asfalto di Iacopo Bianchi.

Ci sono storie che ti prendono per la loro trama. Storie che ti colgono per come sono scritte. Storie che ti prendono poco, però ti viene voglia di parlarne comunque. Il caso di Iacopo Bianchi, ed il suo Porcini sull’asfalto, edito da bookabook, è un po’ tutti e tre questi spunti.

Un gruppo di bimbi del quartiere Isolotto, di Firenze, si ritrova tra le pareti abbandonate e pericolanti del vecchio manicomio. Un incidente terribile, porta via, tra le acque dell’Arno il corpo di uno di loro: una tragica casualità che sembra scuotere tutto il quartiere e si imprimerà indelebile nell’animo di ciascuno di loro. La polizia indaga, cerca il corpo, ma invano. E così, gli anni scorrono, i bambini diventano adolescenti e crescono. Poi, una mattina, il quartiere si risveglia con una nuova tragedia. Sarà anche questo un disegno del destino, o forse dietro c’è qualcosa di più? 

Porcini sull’asfalto è una storia che ti prende per la propria trama, costruendo un giallo che non sembra un giallo, ma la storia di una tragedia come solo quelle che il caso sa immaginare. Eppure, proprio come se fosse un frutto del caso, Bianchi sa disegnare altrettanto bene i contorni di un mistero che, pagina dopo pagina, con leggerezza e quotidianità, si rivela essere qualcosa di più che un disegno del caso.

Porcini sull’asfalto è, anche, una storia che ti coglie per come è scritta, perchè usa un lessico quotidiano, spiccio e dinoccolato e con questo strumento sa anche disegna un’epoca di cui tutti si ricordano (almeno le vecchiette come me), restituendo in pieno le sensazioni, le emozioni e, quasi, i profumi che caratterizzarono quell’epoca.

Porcini sull’asfalto è, infine, una storia che potrebbe anche essere fraintesa, e che proprio per questo, fa parlare di sè. Sino a qui, infatti, ho definito questo romanzo come un giallo. Eppure, un lettore tradizionale del genere potrebbe storcere un po’ il naso. Perché molti elementi tra quelli più tradizionali sono ritrattati in modo molto deciso, come ad esempio la centralità dell’indagine stessa. Bianchi fa un lavoro molto originale sul trattamento della trama: mette in primo piano la vita di un quartiere, di una compagna di amici e della loro crescita personale. L’indagine c’è e si svolge nell’arco degli anni, accompagnando la crescita anagrafica e sentimentale dei suoi protagonisti, sino all’inevitabile, ma non scontato, epilogo. Diventa un refrain che ciclicamente ritorna nelle loro vite e che, ogni volta, porta nuovi indizi e nuove riflessioni.

Un secondo elemento d’innovazione sono le tinte di cui si tinge questo romanzo. Anche se letteralmente, si tratta di un giallo, Bianchi ci evita la pesantezza dell’ineluttabilità degli avvenimenti che spesso si legge in questi romanzi. Nelle sue pagine c’è leggerezza, quella di un gruppo di ragazzi della periferia di una grande città, c’è la visione (dis)incantata di un’epoca storica ai suoi inizi, c’è la storia stessa della nostra contemporaneità. Sullo sfondo di tutto ciò, e solo sullo sfondo, il giallo, inteso in senso stretto.

Così, mi piace definire Porcini sull’asfalto come un buon punto di partenza per una nuova interpretazione del giallo, come una ventata di aria fresca su una distesa di pagine che spesso rasentano il limite del già scritto.