Immaginatevi di trovare la risposa alle vostra domande più recondite in una valigia. Ora leggete “Il santo che annusava i treni” di Stefano Beccati.


Ci sono storie che trasudano ironia e assurdo sin dal titolo. Storie che prendono il via quasi per scherzo, ma che diventano qualcosa di più e assumono la consistenza di un romanzo. È questo  caso di un libro un po’ agé  (2005) di Lorenzo Beccati, Il santo che annusava i treni.

In un paesino sperduto della costa ligure, in una vecchia stazione ferroviaria, Agennore scambia in continuazione le valigie, cosi invece di dare il giusto bagaglio al legittimo proprietario, gli consegna quello che pensa possa essere il corrispettivo. E non ci azzecca mai. O forse si, perché alla fine il destinatario della valigie sbagliata, trova nello stesso degli oggetti che sembrano essere la risposta ai suoi dubbi ed incertezze. Sbaglia così bene che tutti fanno la fila per ricevere la propria valigia…

Il destino è qualcosa con cui si deve fare i conti tutti i giorni. Non lo conosciamo, sembra insondabile e spesso ci blocca, per la sola ansia di non sapere cosa ci riserva. Ci blocca a tal punto che troppo spesso, davanti alle scelte capitali della nostra esistenza, non sappiamo cosa fare e, molto semplicemente, non facciamo nulla.

Ma come reagiremmo se avessimo la possibilità di avere un assaggio di quello che dovremmo fare e di quello che il destino ha in serbo per noi? E se fosse tutto racchiuso in una valigia, pochi oggetti, che ci indicano la via da prendere? É questa la domanda intorno a cui ruota tutto il romanzo di Beccati. Un racconto che ha dell’assurdo e che, a tratti, sfiora il non-sense.

Molti viaggiatori impazienti aprivano la valigia che gli era stata destinata direttamente nella piazza della stazione. Sparpagliavano oggetti e capi di vestiario sull’acciottolato che si andava coprendo di tanti colori.

Grazie ad Agennore ed alla sua singolare attività, entriamo nelle storie quotidiane dei personaggi di questo libro, storie d’amore e di tradimento, ma soprattutto storie che potrebbero essere quelle di ciascuno di noi. E storie di personaggi che, davanti ad un bivio, si bloccano, non sanno cosa fare e che scelta prendere. Così si affidano alle valigie sbagliate di Agennore, ai suoi oggetti silenziosi che, però, per chi li riceve, sembrano serbare proprio la risposta che si sta cercando. E, così, anche il motivo per prendere una decisione.

Al mattino sapeva quello che doveva fare. Arrivato in stazione salutò con una stretta di mano il facchino e lo ringraziò piegando appena la testa e chiudendo le palpebre. Era sicuro che Agennore avesse compreso. Il viaggiatore, con la valigia stretta tra le braccia, sparì insieme alle nuvole del treno che sapevano di ferro.

Da bravo sceneggiatore, come Beccati è, ogni storia comincia come una qualsiasi storia ma finisce nell’imprevedibile e in situazioni al limite del reale. Ad accompagnare questa narrazione, uno stile asciutto, che gioca con le parole, le loro sonorità e ritmo, più che con il senso. Una prosa distesa che rende la lettura piacevole e che ammicca al comico ed al grottesco, strappandoci una risata, od un sorriso.

Il santo che annusava i treni è un libro che, però, ci fa riflettere proprio sulle nostre paure più profonde, quelle che nascono dell’indecisione e dalla insicurezza. Quindi, dovremmo leggere questo romanzo non chiedendoci cosa contengano quelle valigie, ma come viene interpretato il loro contenuto da chi le riceve. Siamo sicuri che siano proprio le valigie  a darci la risposta e non la nostra ansia?


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