Tutta la storia, secondo per secondo, di una delle foto che hanno significato un’epoca. Ce la racconta Lorenzo Iervolino in Trentacinque secondi ancora, 66tha2nd edizioni.

Lorenzo Iervolino è uno scrittore e, nella vita, scrive storie vere. Anzi, nella vita cerca di raccontare tutta la storia possibile. Lo fa tra finzione letteraria e ricerca storica e riesce a dare, ai suoi lettori, un affresco a colori credibile e vero. E lo fa anche quando la storia raccontata è in bianco e nero e l’unica testimonianza conosciuta è una fotografia scattata del 1968, durante la premiazione dei 200 metri. La foto in questione ha fatto il giro del mondo ed è conosciuta da tutti: un po’ meno la vita dei tre atleti immortalati dalla stessa. Trentacinque secondi ancora. Tommie Smith e John Carlos: il sacrificio e la gloria racconta proprio quella storia.

“John, ascoltami bene. La questione è un’altra. I soldi non c’entrano. I soldi potremmo anche trovarli io e tua madre. Ma quelle piscine là, Johnny, sono solo per bianchi.”
“Solo per bianchi…e allora come faccio a..”
“Niente da fare John. MI dispiace. Nella loro acqua non ci vogliono. Prima lo impari e meglio è.”

La storia di Tommie Smith e John Carlos non è iniziata con quella foto, né è finita con essa. In realtà, Lorenzo Iervolino sembra suggerirci che se quella foto oggi esiste, è perché Tommie e John hanno avuto un prima ed un dopo: il prima li ha portati a quel punto e il dopo ne è stata una conseguenza. Il romanzo di Iervolino ci racconta, così, la formazione di due atleti e di due uomini che si sono dovuti misurare con un’odio, quello razziale, ed una società, quella del sud degli Stati Uniti d’America, ostinata e contraria per chiunque non avesse la pelle bianca e solide origini americane. Due uomini che, loro malgrado, sono stati testimoni di un’epoca storica e della sua violenza, fatta di elenchi di leggi, di divieti, di soprusi e di violenze.

Oggi la storia di Tommie e John ha assunto contorni mitici ed è diventata il simbolo di una lotta sullo sfondo della quale si muovono personaggi come Malcom X, Harry Edwards e l’ascesa del movimento delle Black Panters. Con i loro insegnamenti, le loro parole e la loro forza hanno sfidato le regole del sistema, in parte sovvertendole e in parte rimettendoci in termini di libertà e serenità.

Sembrano brevi due minuti, ma sono interminabili se vissuti immaginando la tua figura completamente esposta al centro di uno stadio olimpico, osservata attraverso il mirino di un’arma delle mani di un folle.

Iervolino parte per la California, a caccia di documenti, testimonianze e fatti che ci aiutino a ricostruire la vita di questi due atleti, il loro passato ed il loro futuro partendo proprio da quel famoso scatto. Lo fa in modo scrupoloso, senza tralasciare nulla, e sembra quasi che la loro storia diventi la sua, calpestando le stesse strade che i due atleti cominciarono a calpestare nel lontano 1944, quando ebbe inizio la loro avventura di bambini, di atleti e di uomini.  E pagina dopo pagina, come lo scorrere di una pellicola o l’obiettivo di un fotoreporter, ci ritroviamo a vivere quelle stesse emozioni, paure, prese di posizione, ma anche soprusi e violenze che i nostri due “eroi”, e con loro l’australiano Peter Norman, devono affrontare e vivere. Si, stiamo leggendo un romanzo, ma le sue basi fondano così bene nella ricerca storica e documentale fatta dall’autore, da rendere questo genere “vero più del vero”, la cui lettura scorre piacevole ed avvincente anche a chi non è abituato a leggere letteratura sportiva.

“Quando ho vinto la medaglia ho pensato che non fosse soltanto mia. Sentivo la presenza di tutti voi che mi stavate guardando davanti ai televisori. Questa medaglia è anche vostra. È per l’America nera. […] Per i bianchi questa medaglia d’oro ha cambiato colore dal momento che l’ho vinta io. Sono d’accordo, non è più d’oro. È nera questa medaglia. È nera!”


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