Il perchè della Libreria Covo della Ladra e perchè una raccolta di racconti per festeggiare. 

Si dice che il primo anno non si dimentichi mai. Si dice che, prima che le cose vadano per il verso giusto, ne devono passare almeno tre di anni.
Si dice, anche, che le librerie non hanno più futuro, che i competitors di settore sono troppo forti perché un piccolo libraio possa sopravvivere e che l’inflazione è ai minimi storici da quasi… sempre.

Quando ho preso in esame l’idea di aprire una libreria, in un quartiere periferico di Milano – Via Padova, ad alta concentrazione di stranieri, con qualche problema di sicurezza e non pochi di convivenza pacifica tra idee e tradizioni, dicevo… quando ho deciso di aprire il Covo della Ladra, ho anche deciso di mettere in un cassetto ben serrato a chiave tutte le considerazioni che i molti esperti mi sottoponevano e mi facevano leggere.

Le ho chiuse bene, a doppia mandata, ma non perché peccassi di presunzione, né perché sono folle (bah, sì, forse quello un po’ sì), né perché sono così intelligente da avere la panacea per tutti i mali. Quelle sane considerazioni negative le chiusi bene in quel cassetto perché non avevano più senso.

In un quartiere senza librerie, in un luogo così densamente popolato, mancava una casa per tutti i lettori. E questa mancanza bruciava più di ogni altra considerazione sensata. Allora è nato il Covo della Ladra. E l’anno trascorso, sull’onda della novità, della sete di lettura, delle tante iniziative che abbiamo portato avanti, ha saputo ripagarci, se non economicamente, almeno in affetto e partecipazione.

Così, senza volere, abbiamo imparato una lezione fondamentale. Quando metti da parte il buon senso e ti spingi a fare qualcosa di impensato, puoi anche riuscire ad abbattere quelle barriere che dividono, ingabbiano, limitano le nostre stesse possibilità. E se l’energia è un flusso che attraversa ogni cosa, questa stessa energia funziona anche da spinta che attiva, mette in moto, innesca processi.

Ogni giorno lettori, autori, editori fanno capolino al Covo. Si chiacchiera, si sfogliano libri, si beve caffè amaro bollente come piace alla libraria. Qualche vol- ta nascono nuovi progetti, nuove prospettive e sperimentazioni. Noi seguiamo l’insegnamento di Pennac, quando dice che “il tempo per leggere, come il tempo per amare, dilata il tempo per vivere”.

Così al Covo il tempo trascorre lento, si vive e, vivendo, nascono idee come questa raccolta. Dodici autori che sono passati dalla libreria, per interesse o per amo- re, per presentare o per leggere, per chiacchierare o per chiedere. Nomi che hanno popolato il calendario delle nostre attività e animato le nostre serate o le nostre colazioni. Dodici amici che in un anno hanno vissuto, e scritto, un pezzetto di questa storia e che hanno accettato di prestare la loro penna a questa insolita raccolta.

Ladri a Milano è, infatti, un esperimento di libertà espressiva. I nostri autori avevano due soli vincoli: l’ambientazione milanese e il numero di battute. Ciò che ne è risultato è un complesso articolato di stili, poetiche, soluzioni linguistiche, trame e trattamenti tra loro molto diversi eppure mai discordanti. Un insieme che trova un proprio ritmo nel parlare della nostra città, tra storie gialle, noir, ironiche e, sì, con un pizzico di distopia.

E da questa armonia nella diversità ho imparato una seconda lezione molto importante. Non ci sarebbe Covo, né libreria, né un solo Ladro lettore, senza l’apporto e la collaborazione di chi scrive. Il “lavoro sporco” lo fanno proprio loro, gli scrittori: mettono in circolo idee, accendono una luce in stanze buie e sconosciute. E l’unico merito che possiamo avere noi librai è quello di accogliere queste istanze e parlarne a voce alta. Il resto lo fate voi, lettori, che passate in libreria, che ci seguite online, che ci scrivete ogni giorno ricchi di domande e richieste.

Ciò che accadrà al Covo, ora, lo dobbiamo ancora scrivere insieme.

Da “dodici mesi in libreria (postfazione)” – di Mariana Marenghi