Se avete voglia di leggere un urban fantasy che ha il sapore dei vecchi “c’era una volta”, allora non potete farvi scappare Dream hunters di Myriam Benothman, Astro Edizioni.

Ci sono storie che non muoiono mai. Le antiche fiabe della nostra infanzia, ad esempio, ci inseguono letteralmente durante tutto il corso della nostra vita. In sogno, nei modi di dire, al cinema: da Cenerentola a Cappuccetto Rosso, non manca proprio nessuno. Sono il nostro immaginario e hanno contribuito a crearlo.

Che dire, allora, se una autrice come Myriam Benothman si mette a giocare proprio con loro e a creare un mondo possibile che le racchiuda tutte? E non si limita a questo. Perché in Dream Hunters. Il ponte illusorio, accade che la giovane protagonista, Sophie, si ritrovi ospite d’onore del gran Ballo di Cenerentola e scopra di avere il potere non solo di sognare questo mondo d’incanto, ma anche, e soprattutto, di modificarne le sorti. Peccato che la “strega cattiva”, Belisma, sia sempre in agguato, così che la sua vita diventerà all’improvviso molto complicata e, soprattutto, molto pericolosa. A metà tra sonno e realtà, Sophie dovrà fare i conti con sé stessa e con una discendenza forse un po’ scomoda, ma che determinerà per sempre il suo destino e quello dell’umanità stessa. Perchè che mondo sarebbe senza la speranza in un lieto fine?

Tra amori da fiaba, mondi incantati, ricordi di bambina e una Parigi come sfondo, Dream Hunters rischia davvero di diventare la lettura perfetta per un sano pomeriggio di relax, immersi tra le pagine di un piacevole romanzo. Tanto più che potremmo azzardare anche una lettura “ad alta voce” con il pubblico young di famiglia, visto che, dal linguaggio alla trama, Myriam Benothman sembra aver creato il romanzo perfetto per tutte le età.

Ed ecco tre buoni motivi per aggiungerlo alla nostra libreria:

C’era una volta – quante volte abbiamo sentito questa frase da bimbi e, se siete genitori, quante volte l’avete pronunciata? In entrambi i casi, però, la sua presenza ha il potere di far scattare in noi qualcosa, una specie di interruttore grazie al quale tutto diventa possibile: fate madrine e streghe da paura, magici oggetti incantati, sguattere che diventano principesse e principi valorosi che corrono in loro aiuto, piccole bimbe e lupi travestiti da nonne. Il romanzo di Myriam Benothman ha il potere di far durare questo incanto per tutto lo scorrere del libro, creando una vera e propria frizione con la realtà della protagonista, Sophie, che li metterà in contatto una volta per tutte. Il reale si mischia con l’immaginario creando dei veri e propri corto circuiti. Una trovata ingegnosa che ha la forza di trasportarci nel bel mezzo della narrazione, di farci gi0care con una materia – quella delle fiabe – ben conosciuta e di creare, con essa, nuovi percorsi, nuovi intrecci e nuove storie. Un bel viaggio nella nostra immaginazione.

Una trama pulita – Non fraintendetemi, non voglio dare un giudizio di merito con questa affermazione, ma si, oberata dai troppi romanzi in cui scene inutilmente pruriginose si inseguono ad altre splatter mal riuscite, leggere un romanzo in cui tutti gli elementi siano presenti ma con garbo e sapienza, è stata davvero una bella scoperta. L’amore e la violenza non sono banditi dal mondo di Sophie, ma vengono trattati con una delicatezza che rende questo libro perfetto, e adatto a tutte le età. Nulla è fuori posto, nulla è eccessivo o studiato per impressionare, più che per narrare. Leggiamo le pagine di  Dream Hunters e ci rendiamo conto di leggere una storia in cui tutte le parti sono in equilibrio perfetto, dove la suspence è data dall’intreccio narrativo e da un ordito ben ideato, dove i “buoni sentimenti” non sono messi in risalto dal contrasto con un “male” da effetto speciale, ma semplicemente dalla forza delle sue azioni; dove l’amore è un sentimento pulsante e vivo che si scopre pagina dopo pagina e non solo una bruciante passione fisica.

Un invito alla speranza – Ed anche in questo caso non fraintendetemi. Non c’è nulla di cattolico o religioso nella speranza di cui parlo. Ma avete presente quando vi parlavano del “vero amore”, del “lieto fine” e cose di questo tipo? Oggi stiamo crescendo i nostri figli all’ombra che queste cose “si vabbè, però nella realtà è diverso”. Ma siamo sicuri che tutto ciò faccia bene? Siamo sicuri che questa dimensione da “happy end” restituisca sono uno scollamento dal reale e la delusione delle proprie attese? Io penso che messaggi come il “vissero tutti felici e contenti”, possano essere invece quella carica positiva che ci aiuterà ad affrontare le avversità senza scoraggiarsi, senza arrendersi, senza fermarsi. Pensare che “si vabbè, però nella realtà è diverso”, non è giusto e non è neppure educativo. E mi auguro che tutti i ragazzi non smettano mai di sognare e sperare perché solo così, come accade a Sophie, potranno affrontare la vita e i suoi lati oscuri con forza e coraggio. Solo così potranno dire di aver vissuto veramente.