Se avete ambizioni di scrittori, il romanzo di Francesco Pierucci, il Passo in più, potrebbe essere per voi illuminante.

Se da grandi avete sempre desiderato fare gli scrittori, ma qualcosa vi ha sempre trattenuto dal diventarlo (o anche solo dal provarci), allora Il passo in più di Francesco Pierucci, potrebbe essere uno di quei racconti che difficilmente si dimenticano. Perché con ironia e saggezza (rare entrambe oramai) l’autore non solo scherza sulla sua stessa condizione, ma descrive alla perfezione l’ansia e la fame di idee che attanaglia chiunque abbia tale ambizione. Perché il vero problema non è sapere o non sapere scrivere bene. Il vero problema è avere una storia da raccontare.

Quando apriamo la prima pagina di questo romanzo, ci troviamo nel bel mezzo di una crisi creativa e d’ispirazione. Il nostro Scrittore, dopo aver pubblicato una raccolta di racconti brevi, non riesce più a trovare spunti e storie da raccontare. Le prova tutte, ma nulla: tutto tace nell’universo dei suoi pensieri. Sino a che, una botta in testa, una imprecazione di rabbia e frustrazione, lo portano al suo primo romanzo di grande successo: Il Passo in più. E poi? E poi siamo punto e a capo. La gloria finisce e l’ispirazione pure. Il silenzio più profondo che si accompagna alla frustrazione più grande. E poi l’illuminazione: dopo una notte in auto, accanto alla sua Underwood Standard assicurata al sedile con la cintura di sicurezza, decide di partire, senza una meta precisa, senza un bagaglio. Cosa porterà questo viaggio? Il nostro Scrittore troverà finalmente la sua Idea?

Non possiamo rispondere a tutte queste domande. La cosa che però possiamo anticiparvi è che il nostro frustrato Scrittore intraprenderà un viaggio che lo porterà non solo a scoperta di un mondo di Idee sopite nella realtà che ci circonda, ma anche, inevitabilmente, ad un nuovo Sè, un nuovo Io da cui tutto potrà ripartire (o forse no).

Nel corso degli anni mi resi tristemente conto che l’Idea per uno scrittore è come una spada di Damocle. Appesa al sottile crine dell’irrazionale, infatti, riesci a percepirla nella sua perenne incombenza.

Ho dovuto leggere questo libro con molta attenzione. Quando ho trovato la mail dell’autore nella casella di posta della Ladra, questi titolo mi stava rimbalzando davanti agli occhi già da qualche tempo. Lo presi con le pinze e lo rilessi due volte. Non riuscivo a capire se si trattasse di una “furbata”, dove le citazioni letterarie e cinematografiche si spendevano a go go, oppure di una “genialata”, una di quelle idee che fanno scattare il famoso “click”. E oggi, se sono qui a scriverne, è perché penso che Il Passo in più appartenga alla seconda famiglia di romanzi, quelli con il “Click”.

Non è l’unico “meta libro” che parli ai lettori della genesi di una idea. Non è neppure l’unico libro che racconti un viaggio on te road dai toni ai limiti dell’assurdo. Il Passo in più sta a metà tra la quete di Kerouac e il delirio galoppante di Paura e disgusto a Las Vegas di Thompson. Quando lo Scrittore gira la chiave della sua auto, decidendo di partire senza meta, sappiamo già, o intuiamo, che quella sarà la Scelta, l’unica possibile nel suo stadio di frustrazione. Nonostante tutto, lo stile accattivante di Pierucci, la freschezza con cui scrive, l’immediatezza cinematografica con cui ci catapulta sul sedile del passeggero di questo viaggio ai limiti dell’assurdo, non ci fa desistere dal continuarne la lettura. Anzi, è talmente coinvolgente che non riusciamo a smettere di leggerne, pagina dopo pagina, alla scoperta di un mondo ai margini, del possibile e della società. E proprio in questo mondo, sembra dirci l’autore, c’è tutto il vissuto possibile, tutto il bene e il male immaginabili: in quell’intercapedine tra reale e immaginato, albergano le Idee, gli spunti, ciò di cui lo Scrittore si deve nutrire.

Jean Baptiste Poqueline è un avvenente parigino di trentadue ani che sta attraversando un periodo  piuttosto complicato della sua vita. È omonimo di Moliere ma, al contrario del grande commediografo francese, non ama far ridere la gente.

Mi piace definire questo libro come un romanzo di formazione per scrittori (e non solo), uno di quelli che ogni tanto vale la pena rileggere perché in grado di darci la dritta che manca, la frase che stiamo cercando, il piglio giusto per non fermarsi. Ho seguito Pierucci in questo suo divenire narrativo, al termine del quale siamo tutti tornati a casa, anche se la casa non sarà per tutti la stessa. Ed è proprio qui che scatta il “click”. Pierucci non ci viene a dire “come” si fanno certe cose, né ci viene a rivelare delle verità assolute. Solo ci racconta brandelli di realtà, di vite altrui, che interagiscono, ad un tratto del loro percorso, con quelle dello Scrittore protagonista. E durante questi incontri, lasciano allo stesso un lacerto di vita, di sofferenza, di felicità, di semplicità.

Lo Scrittore non sarà più quello di prima. Ma neppure il lettore.


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