Se avete trent’anni, vivete in una qualsiasi metropoli di Milano, e vivete di speranze, leggete con me La fragilità delle certezze di Raffaella Silvestri.

La fragilità delle certezze di Raffaella Silvestri  è una storia che potrei dire “condivisa”. Io, che a quella generazione “trent’anni” apparten(evo), che ho tentato la mia start up, che lavoro in smart working, che frequento i coworking e, logicamente, vivo a Milano. Con un po’ di puzza sotto al naso, ho preso in mano questo libro, pensando “che mai vuoi che racconti adesso, sulla nostra realtà?”. E come spesso accade, ho dovuto ricredermi. Perché La fragilità delle certezze mette a nudo la nostra contemporaneità, senza pietà.

Anna e Teo sono due personalità agli.antipodi. lei insicura, riflessiva,.introversa. Non si è mai sentita a suo.agio, in nessuna situazione. Anche adesso che è promotrice e fondatrice di una startup di.successo. Teo è nato con la camicia. Educato ad una cultura del.successo, tra le migliori scuole, ambienti esclusivi ed un impiego in una azienda di spessore. Arriva al capolinea con sé stesso e non ha neppure 30 anni, decidendo di.mollare il conosciuto per investire nello sconosciuto. I due si piacciono anche se si scontrano, si alleano anche se non ci credono e diventano soci. Tutti va bene. Fin troppo bene. Poi il tracollo, mentre tutto crolla insieme a loro. Cosa sarà di una vita fatta di speranze? Quanto grande la loro delusione?

I giovani Millennials, come la nostra contemporaneità ci chiama, devono confrontarsi ogni giorno con un mondo fatto di incertezze camuffate in speranza. Il loro tempo lo passano ad “arrangiarsi”, come definisce Teo la piccola imprenditoria. Perché le grandi aziende assumono poco o niente e il posto fisso non sappiamo neppure che sapore abbia. Uomini e donne che desidererebbero avere delle guide al loro fianco, un maestro che “insegnasse qualcosa, perché sembra che il tempo per imparare sia stato poco, troppo breve”,  e che vorrebbero riuscire a sopravvivere ad una vita che ogni giorno sembra dire “vediamo cosa sai fare da sola.” Mi sono bastate le prime dieci pagine del libro per capire che questo romanzo di Raffaella Silvestri avrebbe scavato a fondo nella mia coscienza, ne avrebbe toccato i punti scoperti e ancora doloranti e mi avrebbe parlato di quella speranza che, mio malgrado, ho scoperto essere troppo spesso sinonimo di incertezza. La Silvestri coglie la nostra contemporaneità con le mani nel sacco, la denuda semplicemente raccontando la vita e i sentimenti dei suoi protagonisti.

Il suo stile è quasi chirurgico: analizza e descrive le emozioni e i pensieri di Anna e Teo, così come dei personaggi che si avvicendano nella loro vita, come un bisturi che seziona, analizza, scruta e osserva le parti anatomiche che ha sotto di sè. Precisa e puntuale, la Silvestri formula periodi brevi, frasi sintetiche, descrizioni sobrie che hanno, spesso, la caratteristica di unire elementi qualità dell’anima a alla decisione fisica vera e propria.

Lei lo riconosce perché lui qui non c’entra. Ha la postura di chi è abituato a possedere le cose, non a condividerle con gli altri. Niente car-sharing, co-working, smart-living; non c’entra lui, con queste schiere di trentenni confusi che condividono il banco di lavoro come la mensa alle elementari.

Ne La fragilità delle certezze, le cose accadono nella loro nudità, nella loro semplicità quotidiana, scandendo il ritmo della narrazione così come il giorno segue alla notte: un flusso continuo di pensieri, stati d’animo, osservazioni e considerazioni, grazie ai quali l’autrice ci porta per mano lungo tutta la narrazione, senza mai lasciarci ma, allo stesso tempo, senza mai farsi sentire troppo. Vediamo questo mondo attraverso lo sguardo insicuro, incerto e ponderoso di Anna, con la sua testa piena di pensieri, con questo suo smarrirsi in mille considerazioni e congetture che troppo spesso le fanno disperdere energie e mancare il centro delle questioni. Lo vediamo anche nel suo costante rapporto con il sicuro e “milanese” Teo, che ha sempre le parole giuste, l’attenzione vigile, la capacità di sintesi che a lei manca.

Comincia a camminare in via Larga per evitare le strade dell’Università, quelle degli studenti ammucchiati – non ha mai avuto compagni di studio, e neanche amici, lì dentro – e sopporta piuttosto il rumore del traffico, il sole ancora troppo caldo, anche se è ottobre e presto sarà tutto buio, e presto tutto sarà nebbia e gelo.

Non aspettatevi grandi descrizioni liriche, ma pagine veloci, descrizioni secche e immediate, come un colpo d’occhio che vede l’essenziale, coglie l’emergente ma che, tuttavia, lascia spazio ai sentimenti, alle anime, al loro dibattersi ed alle loro insicurezze. Quello della Silvestri è il nostro mondo raccontato in tutta la sua semplicità e crudeltà, perchè, alla fine non ci resta che la speranza.


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